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SIC Book Review Edizione 2025 – Febbraio – Un piano di alto livello – A cura di Serena Calabrò

Un piano di alto livello – Il futuro dei sistemi di gestione spiegato attraverso La Casa di Carta, di Alessandro Manzo

A cura di Serena Calabrò

Se dovessimo incasellare in un genere il nuovo libro di Alessandro Manzo, arrivato dopo il grande successo di “Fidati del piano”, sarebbe per forza di cose business enterteinment.

Manzo si serve della nota serie TV di Netflix “La casa di carta” per spiegare dinamiche complesse, quelle aziendali. Il piano del noto professore in questa seconda stagione firmata da Manzo non è un piano qualsiasi. Funziona proprio perché è un piano di alto livello.

Metafora perfetta di cui Manzo si serve per raccontare il mondo delle organizzazioni. Non solo oggi, ma nel futuro. Non possiamo accontentarci di avere un piano, dobbiamo lavorare affinché sia di alto livello. Che non vuol dire che sia perfetto, anzi. Un piano di alto livello è tale proprio e soprattutto perché considera l’imperfezione, che può essere tradotta nell’imprevisto, nella necessità di adattamento e antifragilità ormai necessaria.

Avere tutto sotto controllo non basta più.

Occorre innestare nel DNA aziendale delle nozioni, delle dinamiche e delle relazioni che rappresentino il senso profondo della stessa organizzazione aziendale e che siano così radicati da resistere a qualsiasi intemperia. Manzo ci accompagna attraverso dei capitoli snelli, scorrevoli e piacevolissimi (per gli amanti della serie e non), costellati di citazioni della serie tv, con tanto di stagione ed episodio di riferimento. I temi sono molteplici, estremamente connessi e fondamentali.

Tutto parte da una variabile spesso sottovalutata, quando si parla di piani, una domanda fondamentale: come si comporteranno davvero le persone nella fase di esecuzione del piano, che richiama il tema della differenza tra il Lavoro come Immaginato e il Lavoro come Fatto.

Il discostamento tra questi due momenti è spesso sottovalutato e gli effetti sono estremamente dirompenti. Sono le reazioni delle persone, proprio nella fase esecutiva, a incidere sul piano. Se nella serie “La casa di carta”, come ci racconta magistralmente Manzo, è l’espediente narrativo dei flashback a contestualizzare e a ricollegare le motivazioni più profonde di certi comportamenti, questo non vale nelle organizzazioni. Ma se le persone e i loro comportamenti rappresentano delle variabili al piano e possono “metterlo a rischio”, sono quelle stesse persone che possono offrire delle soluzioni, dove l’errore diventa lesson learned.

Il tema delle persone, per un piano che governi la complessità contestuale, non può ignorare che le persone e il fattore umano siano da integrare ai processi e alle tecnologie. Manzo continua il suo viaggio attraverso la serie soffermandosi sul concetto di errore.

L’errore da considerare, inevitabile conseguenza di un’organizzazione che esegue un piano. Inevitabile conseguenza delle azioni. Errori che se in un primo momento possono essere considerati degli ostacoli, in realtà sono spunti e tasselli fondamentali in ottica di miglioramento continuo. Delle imperfezioni necessarie per il miglioramento. In questa visione siamo ben lontani dalla condanna dell’imprevisto o degli errori di esecuzione.

È la consapevolezza che ci possano essere e la capacità di trasformarli in “sapere” a fare la vera differenza. Solo le organizzazioni che Manzo definisce vitali, “non sprecano l’occasione di imparare dagli errori”. L’obiettivo è imparare a sbagliare, proprio come Nairobi. È chiaro come non esistano solo le organizzazioni vitali, ci sono anche quelle tossiche. È l’esempio della polizia e della Banca di Spagna, dove emergono assenza di trasparenza e comportamenti paradossali per il ruolo ricoperto.

La motivazione? Chi l’avrebbe mai detto che della gente in tuta rossa avrebbe fatto irruzione nella Banca? L’imprevisto a cui, evidentemente, questo tipo di organizzazione non sa rispondere o meglio l’imprevisto a cui cerca di rispondere, ma non tenendo in considerazione tanti – troppi – fattori, ostinandosi a seguire (o a non seguire) delle procedure decontestualizzate.

Alessandro Manzo continua con delle pagine in cui si sofferma su un tema, a mio parere, a volte sottovalutato ma fondamentale: il rispetto. Un valore che rappresenta a tutto tondo lo spirito della banda dei Dalì, “il valore delle organizzazioni che difendono il rispetto delle diversità perché riconoscono l’importanza del Piano e quindi il valore delle persone che sono chiamate a tradurlo in pratico”.

Difficile riuscire ad aggiungere altro.

Il libro di Alessandro Manzo è un’enciclopedia da studiare e su cui soffermarsi, possibilmente ampliando il proprio sguardo grazie alle innumerevoli note di cui è costellato e dalla bibliografia ricchissima. Un libro che verso la fine riassume perfettamente il concetto chiave di cui è intriso: le persone, la loro diversità, il coinvolgimento nella riuscita del piano.

Il tema della partecipazione nel suo significato più profondo, sentito e sano. Un tema sul quale le organizzazioni devono soffermarsi perché strettamente legato alla buona riuscita del piano e tipicamente correlato alle persone. Il lavoro è tra le esperienze più umane nella misura in cui si traduca in conoscenza, sperimentazione ed esperienza.

Alessandro Manzo ci offre una visione lunga su quale sia il vero senso del lavoro e di come le organizzazioni debbano puntare a valori imprescindibili, perché strettamente legati alle persone nella loro individualità e inseriti in un contesto aziendale che deve mirare alla coesione. Un contesto in cui l’essenza dell’azienda sia condivisa a tutti i livelli. Un’essenza che è il purpose aziendale condiviso e sentito. Un’essenza da proteggere, a ogni costo. Come ci insegna l’ermellino.

Serena Calabrò

Sono laureata in Editoria, Media e Giornalismo presso l’Università di Urbino, un percorso di studio arricchente, che mi ha dato l’opportunità di acquisire metodo e sensibilità spendibili nel mio lavoro attuale. Lavoro da oltre 10 anni nel mondo del digital marketing, ricoprendo vari ruoli operativi. Dopo alcune esperienze in grandi aziende, come il Gruppo Buffetti ed Eataly, da circa quattro anni lavoro come Project Manager in Adv Media Lab, società di consulenza strategica, innovazione e marketing di Urbania. Da gennaio 2025 sono approdata al nuovo ruolo Project Manager Team Leader in Adv Media Lab e gestisco un team di Project Manager, oltre a occuparmi della gestione delle risorse operative sui progetti.

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