La cultura del feedback, di Alberto De Panfilis e Piercarlo Romeo
Recensione a cura di Paolo Marinò
Quando mi è stato proposto di recensire un libro scegliendo da una lista, ho subito poggiato l’occhio sul titolo che era posizionato verso la fine: un argomento che subito ha destato in me interesse. Mi sono detto “devo assolutamente leggerlo” per comprendere se posso imparare qualcosa di nuovo, stimolare ancora la mia crescita professionale e percepire se sia possibile trovare un’applicazione concreta nella mia quotidianità.
È essenziale da subito dirvi che il libro è di facile lettura, scorre veramente molto bene, impossibile che non troviate tempo per leggerlo anche perché è molto stimolante, tratta sì temi teorici ma vi porrà davanti a una riflessione continua.
Il feedback, questa parola che ora va un po’ di moda, ma in fondo cosa di fatto significa? Molti lo traducono con “retroazione” ma diciamola in termini più concreti: “una informazione di ritorno (back) che nutre (feed) chi la riceve”. Sì! Avete proprio compreso bene: la chiave di volta si concentra tutta nell’accogliere un’opinione di terzi, sia positiva che negativa; la magia sta nel porsi apertamente verso ciò che ci viene detto, ragionandoci sopra e trovando quegli elementi che possono divenire pietra angolare per il nostro sviluppo professionale ma anche per arricchire la nostra leadership emotiva secondo quanto stabilisce il modello di Goleman.
Quindi, il feedback non deve essere percepito limitatamente come critica negativa o peggio ancora come un pettegolezzo ma, invece, come una nostra grande opportunità di miglioramento.
È un cambio di cultura che in azienda dovrebbe abbracciare completamente l’organizzazione (un insieme di saperi e di abitudini comportamentali condivisi da tutti i membri); invece, spesso, il feedback ci viene presentato solo tramite un canale di comunicazione monodirezionale, direi quasi sempre nella gerarchia dall’alto verso il basso. Per migliorare è necessario un’apertura a tutti i livelli nell’accogliere feedback anche negativi perché questi sicuramente rappresentano una leva di cambiamento.
Cosa impara a fare chi lavora in un’azienda con la cultura del feedback? A esprimersi senza timori, senza paura di essere attaccati. Il feedback deve essere preciso, specifico anche se negativo (fonte di miglioramento) e non dobbiamo essere predisposti solo ad accogliere quelli positivi (sono eventualmente solo una fonte di rinforzo).
Il libro ci offre la possibilità di capire che dobbiamo basarci su sensazioni corredate da informazioni oggettive (modello sensazioni/informazioni): non è sufficiente l’opinione di pochi; se si vuole, il feedback è una sorta di indagine statistica dove si può affermare che il dato è vero se basato su un riscontro in un campionamento consistente, in pratica “il feedback è oggettivo se molte persone mi dicono la stessa cosa”. Così come esiste una differenza fra ascolto e ascolto attivo, anche il feedback non si esprime solo con la voce, ma anzi talvolta è necessario porre particolare attenzione verso l’interlocutore che magari verbalmente comunica in un modo ma il suo linguaggio non verbale, invece, vuole esprimere tutt’altro.
Leggendo, troverete numerosi acronimi associati a modelli (FA SPESA, PRATICA, SAGRA) che vi stimoleranno e aiuteranno a comprendere meglio questo mondo e sicuramente vi verrà voglia di applicarli nella vostra vita lavorativa e perché no, nella vita quotidiana.
Gli autori descrivono molto bene “l’arte del dare il feedback” (sì/no, quando, dove, quando, a chi) e il dialogo strategico nel creare un accordo, “l’arte del ricevere feedback”: come mai quando ci viene detto qualcosa che non ci piace tendiamo a offenderci, giustificarci, spiegare le buone intenzioni, controbattere, sminuire, fare paragoni con terzi, assumere un comportamento non verbale sfidante, distratto, diventare tesi, pensare “non cambio per niente e per nessuno”? Cambiare è talvolta doloroso, ma se ne esce rinnovati, aperti e arricchiti. Spesso però chi deve esprimere un feedback ha paura di essere criticato: ed ecco l’idea della scatola del GRAZIE: grazie per il feedback che tu mi vorrai donare e anche se sarà negativo rimarrò male sul momento, ma per me sarà una grande opportunità di crescita.
Alla fine della lettura converrete che “il feedback” non può esser visto come una sola limitazione nel dare/ricevere un’opinione, ma ha diverse sfaccettature: la più importante è l’opportunità di formazione e di crescita professionale, utile sicuramente per diventare un bravo coach.
E poi l’ultima sorpresa… ovvero la possibilità di utilizzare i form nella sezione allegati per esercitarvi in qualche caso concreto.
Spero di essere riuscito a destare il vostro interesse e concludo con due massime: “Le persone che hai già incontrato e che incontrerai sono come uno specchio che ti hanno dato e ti daranno un feedback continuo su come vivi, su chi sei e su chi stai diventando”; e aggiungo: “Possiamo portare un cammello alla fonte ma non obbligarlo a bere”: la predisposizione al feedback deve innanzitutto partire da ciascuno di noi.
Buona lettura!
Paolo Marinò, laureato in matematica, Project Manager certificato PMP® e Scrum Master Professional, svolge la propria attività lavorativa per un’importante realtà a livello nazionale. Ha un’esperienza ventennale nella consulenza e si è specializzato nel Project/Agile/Quality Management e nel Project Management Office, topic che sono diventati un valore di vita. Socio del PMI, volontario del PMI Central Italy Chapter per il quale ricopre sia il ruolo di Responsabile del Comitato Eventi che quello di membro del core team formazione, ideatore e promotore del progetto “Il Project Management come Percorso Competenze Trasversali e l’orientamento – PCTO (ex Alternanza Scuola Lavori) per le scuole secondarie di secondo grado nelle regioni di competenza del Chapter. Fin da giovane impegnato nella diffusione del knowledge, dapprima in tematiche di propria competenza, ora del project management e del mindset Agile sia all’interno dei team nei quali lavora che come speaker in eventi anche in ambito accademico.