L’arte della pazienza, di Raffale Gaito
Recensione a cura di Livia Cubuzio
Quando si pensa alla pazienza si pensa a un’attitudine alla sopportazione, alla rassegnazione, alla moderazione e alla capacità di contenere reazioni “scomposte” dinnanzi a situazioni ingiuste che ci mettono a disagio.
Giobbe viene messo alla prova da Satana. Perde tutte le sue ricchezze, perde i suoi figli nel crollo della casa e infine viene colpito dalla lebbra. Non perde però mai la fiducia in Dio e “sopporta” silenziosamente la sua volontà ricevendo così la ricompensa finale.
Il libro di Raffaele Gaito però non incrocia il paradigma biblico bensì quello dei giochi di pazienza. Quei giochi che richiedono concentrazione, continuità, tentativi, errori e tempo per arrivare alla soluzione finale. Quelli che non fanno per me.
Attraversando il primo capitolo, per un attimo ho pensato che l’autore mi conoscesse meglio di chiunque altro: ho scoperto di soffrire di FOMO (Fear of Missing Out), che molti dei miei amici fanno “binge watching” (abbuffata di serie TV) e che probabilmente è colpa della dopamina se mi ritrovo a distrarmi con il cellulare mentre leggo, mangio, parlo, ascolto musica… mentre vivo!
Riconoscere e limitare certe abitudini è il primo passo per ritrovare la concentrazione e non perdere di vista l’obiettivo.
Rimanere concentrati sull’obiettivo è un elemento fondamentale della pazienza, scrive Gaito. Non rimanere immobili ma essere attivi nel percorso e innamorarsi del processo.
Il processo è il nostro viaggio e ogni tappa è uno di quei puntini che poi, con la giusta distanza temporale, dovrà unirsi agli altri e condurci al risultato, alla meta. Una riflessione fondamentale quella sul tempo: “Non confondere il tempo vuoto con quello sprecato” (Riconquista il tuo tempo; A. Giuliodori).
Nella società del tutto e subito dobbiamo concederci il nostro tempo, ne beneficeranno scelte personali e professionali.
E da qui Raffaele Gaito infila uno dopo l’altro i preziosi suggerimenti per “allenare” la pazienza.
Proprio così! Non tutti nasciamo con questa caratteristica ma proprio come un muscolo possiamo allenarla e allora lo scrittore, nei capitoli di questo libro, aiuta il lettore fornendo la descrizione dei quattro elementi alla base della pazienza.
Lo fa narrando una serie di “storie”, citando personaggi, aziende, muovendosi con disinvoltura nella ricostruzione di episodi che spaziano dal passato più remoto a quello più recente passando per la sua vita personale.
Sono storie di successo, di riscatto ma anche di fallimento.
Uno sprone continuo negli ultimi capitoli a riconsiderare i fallimenti come insegnamenti, a sdrammatizzare, a ripartire con consapevolezza ed entusiasmo.
Interessante la struttura del libro che alla fine di ogni capitolo recupera delle “riflessioni prima di proseguire”.
Ricca e accurata la bibliografia.
La lettura scorre fluida e quasi si ha l’impressione di ascoltare l’autore in un suo TED talk ma con la possibilità però di tornare a sfogliare i suggerimenti tra le pagine del suo libro, di guardarsi dentro, di immaginare un percorso di cambiamento.
Il libro è pervaso da una buona e sana dose di ottimismo: la serendipità (capacità di rilevare e interpretare fenomeni inattesi mentre si sta cercando altro) e l’antifragilità animano le pagine finali del libro spingendo il lettore verso la sperimentazione e il cambiamento a piccoli passi.
Come ogni libro anche questo ha una fine e una conclusione, il capitolo più bello ed emozionante!
Da leggere (e rileggere) fino alla fine, senza perdersi i ringraziamenti.
Livia Cubuzio è nata a Napoli nel 1973 e da allora vive là. Livia lavora in Leonardo, un’azienda che produce nel settore aerospaziale, per la difesa. Lei di preciso si occupa di Governance per la parte di Contracts and Bid coordination della Divisione Velivoli. A 27 anni, nel 2001, Livia è andata a Tolosa per lavoro. Ha fatto il master allo Stoà e nel 2021 è ritornata allo Stoà per fare da tutor agli studenti nuovi. Ha due figli di dieci anni e sono gemelli diversi. A Livia piace molto fare le foto ma soprattutto fare le foto alla luna attraverso il telescopio. (A cura di Luca, 10 anni)