SIC Book Review – Febbraio 2021 – “Per fare un manager ci vuole un fiore”, di Niccolò Branca – Recensione a cura di Francesco Spadera

foto copertina libro

Foto CopertinaSi può essere un buon manager e non perdere il senso dell’altro nonostante tutto? Quanto siamo disposti a investire del nostro tempo nel raggiungere un determinato fatturato, un certo utile, il risultato fissato di un progetto o il margine richiesto? E quanto dello stesso tempo, invece, siamo disposti a donare a chi lavora con noi, indipendentemente dagli obiettivi che le organizzazioni si pongono e ci impongono in termini economico-finanziari?

Niccolò Branca è un imprenditore e manager italiano, presidente e amministratore delegato della Holding del Gruppo Branca International SpA, che ha società in Italia e Argentina e che nel 2017 ha registrato ricavi per 364,6 milioni di euro. Alla guida del Gruppo Branca dal 1999, ha trascorso i precedenti dieci anni lontano da ogni tipo di attività aziendale, dedicandosi alla meditazione e alla ricerca di se stesso in Indonesia, presso la psichiatra balinese Luh Ketut Suryani. La sua visione della gestione e della leadership, su cui ha fondato una chiara e ben definita concezione d’impresa, è basata sul concetto di Economia della Consapevolezza: l’applicazione rigorosa di principi umanistici all’organizzazione aziendale lungo tutto il processo produttivo.

Il libro proposto racconta la storia di un imprenditore sui generis, un grande manager, un uomo curioso, che ha rivoluzionato l’intera organizzazione aziendale partendo, prima di tutto, da un lungo e tenace lavoro di analisi su se stesso.

Economia della consapevolezza

Uno degli aspetti che spesso trascuriamo, presi dalla frenesia delle nostre quotidianità, è cosa stiamo facendo. Quanti di noi, ad esempio, sono coscienti che in questo momento stiamo respirando? Ci ritroviamo a vivere le nostre giornate piene di impegni e attività, a volte senza quasi avere contezza del momento che stiamo vivendo. Niccolò Branca parte proprio dal concetto di “autoconsapevolezza”, applicandolo alla sfera economica. Un modo di essere nella vita che fa della costante presenza a se stesso un fondamento. Il termine stesso, “economia”, che per molti rappresenta un mondo sconosciuto, è legato etimologicamente a questo essere presenti qui e ora. Economia deriva dal greco oikos, casa, e nomos, regola. Un essere qui e ora che non deve tradursi però in una forma di individualismo estrema e aliena al carattere sociale che è insito nel DNA dell’essere umano. Ma che, al contrario, si realizza pienamente soltanto attraverso una continua e costante relazione e interazione con l’altro. Una filosofia di vita tanto semplice quanto potente che lui stesso sintetizza nel seguente modo: “Nulla si può ottenere senza considerare la relazione tra noi e gli altri, tra noi e il mondo che ci circonda. Cogliendo il significato dell’interdipendenza nei suoi risvolti di ogni giorno, entreremo a poco a poco in un ordine di idee che contempla il rispetto per gli altri e per tutto ciò che vive, ritrovando così anche la gioia che c’è in noi”.

E Niccolò Branca approfondisce il significato dell’Economia della Consapevolezza, i suoi presupposti teorici e le sue mille applicazioni pratiche, in maniera concreta, nella vita lavorativa così come nella sfera privata. Scegliere consapevolmente le materie prime e le procedure operative. Riempire ogni giornata di passione, ascolto e dialogo. Offrire a dipendenti e collaboratori percorsi di crescita e formazione.  È necessario comprendere che il rispetto della persona e dell’ambiente è, oltre che giusto, strategico sia per l’individuo sia per l’organizzazione nella quale ci si trova. L’Economia della Consapevolezza riporta in vita il dialogo, che, in un passato neppure tanto lontano, era il legame profondo tra economia, pensiero e spiritualità. Una testimonianza utile e concreta, che non si ferma al mondo delle idee ma che si fa manifesta nei risultati stessi raggiunti quotidianamente. Un modello pratico che mette al centro l’essere umano e reclama la ricerca di significato e di felicità anche per l’economia, le imprese, la società. Economia della consapevolezza che significa anche non estremizzare il processo di crescita aziendale, oggi tanto di moda, tenendo, invece, sempre in debita considerazione il senso e l’importanza del limite. Un limite che non viene percepito come un ostacolo da superare ma come uno strumento da valorizzare per uno sviluppo armonico all’interno del sistema in cui individui e organizzazioni si trovano a operare insieme. In altre parole, lungi dal voler demonizzare i consumi, il denaro, gli utili e tutto ciò che spesso giudichiamo causa di ogni male moderno, occorre ricercare “il giusto equilibrio che permetta di trovare la verità”. E per farlo è necessario, prima di tutto, trasformare se stessi, trasformarsi in modo totale attraverso una consapevole rivoluzione interiore della propria coscienza. Rivoluzione che può essere condotta soltanto se si ha il coraggio e la forza di cambiare realmente, al fine di affrontare e uscire dalla profonda crisi in cui ci troviamo, una crisi economica, sociale, ecologica, culturale, una crisi che non è altro se non la proiezione all’esterno della profonda crisi che è dentro di noi.   

L’organismo vivente

Perché tutto questo dovrebbe riguardare la gestione di un’organizzazione o di un progetto? Perché l’azienda ha un’anima che è costituita dalle anime di tutti coloro che hanno vissuto nel corso del tempo nell’azienda stessa e da tutte quelle delle persone che la vivono ora. Anime che non sono indipendenti le une dalle altre, che non sono isole, ma che, indipendentemente dal ruolo che ricoprono, sono profondamente legate a chi dell’azienda è stato il creatore. L’azienda non è solo qualcosa di meccanico che ha il dovere di realizzare un risultato. L’azienda non è solo un insieme di macchinari, risorse, procedure, processi, che produce un determinato prodotto o un certo utile. L’azienda è un organismo vivente. E il manager, che si assume la responsabilità di condurla per mano, deve essere consapevole del suo compito più importante: far crescere le varie parti dell’organismo e crescere anche lui grazie a loro. Non c’è un capo da una parte e un dipendente dall’altra, un ufficio che si occupa di un determinato compito e un altro che si preoccupa del proprio, ma tutto deve comunicare in una continua osmosi. Le persone dovrebbero essere trattate “come se fossero ciò che dovrebbero essere, e aiutarle così a diventare ciò che sono capaci di essere.” In questo modo l’azienda diventa un luogo in cui continuare a crescere, giorno dopo giorno, e realizzare se stessi.    

Flessibilità

Se un’organizzazione è dunque la somma più che algebrica di coloro che la costituiscono, al di là dei confini temporali, diventa fondamentale per la stessa fare propria ciò che Darwin riteneva l’essenza dell’evoluzione: la flessibilità, ovvero la capacità di adattarsi ai continui mutamenti, agli eventi imprevedibili della vita. E si ritorna al principio iniziale, perché per essere flessibili è anche necessario essere completamente consapevoli. Soltanto se la mente del singolo e dei molti è libera da preconcetti e pregiudizi è possibile accogliere il cambiamento, adattandosi alle sempre più mutevoli e variegate condizioni che la vita ci presenta. Attenzione, però, perché il rischio di smarrire il giusto approccio è sempre elevato. Sta a noi imparare la lezione più importante: gli eventi sono di per sé fondamentalmente occasioni di crescita. Siamo noi che poi li classifichiamo come belli o brutti, positivi o negativi e, eventualmente, ce ne lamentiamo attribuendo all’esterno la colpa di ciò che accade all’interno di noi. Dobbiamo imparare a guardare le cose per quello che sono, che, però, non significa accettarle passivamente. L’accettazione è un atto volontario, è accogliere ciò che viene dalla vita come un’opportunità.

Responsabilità e Passione

In questo ci aiutano la responsabilità e la passione. Il termine responsabilità deriva dal latino “respondere”, dare una risposta. E la responsabilità indica la consapevolezza di dover rispondere delle proprie azioni e di quelle altrui. Più una persona è consapevole, più diventa responsabile. E il vantaggio della consapevolezza è che si può rispondere, ovvero decidere, limitando il più possibile i condizionamenti, le abitudini, analizzando effettivamente la situazione in cui ci si trova. Così come è fondamentale lavorare con passione. Non sono pochi quelli che amano tracciare la rotta e poi andarsene delegando a terzi ogni cosa. Altri, ancora, in una molteplicità di situazioni sembrano assolutamente ineccepibili ma poi si spaventano di fronte alle prime difficoltà. La passione è ciò che permette di affrontare le molte difficoltà che tutti avremo. È uno stimolo, una inesauribile fonte di energia. Passione che deve inoltre essere contagiosa: se non c’è massa critica, non si va lontano. Perché come recitava John Donne in un suo famoso sermone “nessun uomo è un’isola.” 

Francesco Spadera

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